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Correggere chi sbaglia - Padre Matteo da Agnone

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Correggere chi sbaglia

SCRITTI DI PADRE MATTEO
Correggere chi sbaglia
Gesù stesso, nel Vangelo (Mt 18,15), dice: «Se tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo». Così Padre Matteo da Agnone commenta questo passo evangelico:

«Vi sono due tipi di correzione: la giudiziale e la fraterna. La correzione giudiziale è quella in cui interviene il giudice per correggere chi sbaglia. La correzione fraterna è quella nella quale interviene il fratello o l'amico spirituale e corregge l'altro. Tra queste due forme di correzione vi sono grandissime differenze. La correzione giudiziale ha per fine il bene della società. La correzione fraterna ha per fine il bene del fratello. La correzione giudiziale è un atto di giustizia. La correzione fraterna è un atto di carità.
Della correzione giudiziale se ne parla altrove, della correzione fraterna, qui parla Cristo. Se io non correggo il fratello pecco mortalmente? Cristo risponde: sì, sì. Anche se tu vedessi l'imperatore peccare, tu lo devi correggere, perché Cristo parla di comando e non di consiglio.
Devi però osservare alcune condizioni, altrimenti pecchi. Sappiamo benissimo che la nostra ragione umana non gradisce che qualcuno ci corregga, non di meno la ragione ci dice che sarebbe bene che qualcuno ci facesse evitare lo sbaglio. La legge della carità ci obbliga a soccorrere il fratello che si trova in necessità. Quando il fratello pecca, allora sta per andare nell'inferno. Di conseguenza è proprio allora che lo dobbiamo aiutare. Chiunque sia che vediamo peccare, deve essere da noi corretto.
Questo comando comprende anche i superiori. Essendo superiore, come tale, gli dobbiamo obbedienza. Essendo anche padre, in quanto tale gli dobbiamo amore; ed essendo fratello, per le ragioni dette sopra, dobbiamo sempre dare un aiuto, ma se, nonostante tutto, risulta peccatore, noi siamo tenuti a correggerlo. Aggiungo che quando il loro stato diventa più pericoloso e i loro peccati diventano sempre più nocivi ai sudditi, come gli scandali, dobbiamo sentire l'utilità della correzione, la quale in tal caso è anche esemplare.

Per quanto riguarda la correzione, prima di considerarci peccatori ci dobbiamo riconoscere fratelli. Di conseguenza, nei riguardi della persona da correggere, rimane sempre fermo il comando della carità, ossia che la correzione deve essere fatta fraternamente. Non vale dire: "anch'io sono peccatore". Esci dal peccato per poter correggere il fratello, perché se non lo fai pecchi di nuovo.

La correzione va fatta quando vi è il peccato mortale e non per altri peccati e quando sei certo del peccato mortale commesso dalla persona che vuoi correggere, e non quando tu ne hai il semplice sospetto. Se sei certo del peccato del fratello allora correggilo, altrimenti non andare a indagare. Bisogna sempre tener presente il fine delle cose. Ora il fine della correzione è l'emendamento. Dunque, qualora non ci fosse una probabile speranza di emendamento, non saremmo tenuti alla correzione fraterna.

A volte sono così superbi e petulanti i peccatori che, se qualcuno li dovesse correggere, non si emenderebbero. Anzi, si burlerebbero di chi li volesse correggere. Bisogna attendere un'altra occasione nella quale, io penso, un'altra persona più idonea di me potrà ottenere lo scopo della correzione. Per esempio se tu vedi un religioso peccare e sai che il suo superiore ne è consapevole, non devi forse pensare che prima o poi il prelato interverrà? In questo caso non sei obbligato alla correzione fraterna. Se poi il peccato è mortale e non del tutto segreto o non del tutto pubblico e hai speranza che il fratello si possa emendare, allora sei tenuto alla correzione fraterna, sperando anche che ci possa essere qualcuno più capace di te a compiere questo atto di carità.

Nella correzione fraterna ci vuole grandissima delicatezza. Gesù dice che quando si corregge il fratello la prima volta si faccia fra te e lui solo, la seconda volta alla presenza si uno o due testimoni, e solo alla terza correzione si denunci al giudice.

La prima condizione è questa: bisogna mettere al primo posto la salvezza del fratello e poi pensare alla fama o altro bene materiale del fratello.
La seconda condizione è che il bene pubblico deve sempre essere anteposto al bene privato.
La terza condizione: se nella correzione del fratello possiamo anche salvare la sua fama, dobbiamo farlo.
Ecco le regole da tenere presenti per osservare quanto il Signore ha disposto in proposito:
a) Se il peccato è pubblico e la Chiesa non lo sa, puoi dirlo alla Chiesa subito, perché questo non è un peccato contro di te, ma contro tutti.
b) Se il peccato è occulto, ma è un danno alla società, lo puoi palesare subito.
c)Riguardo alla prima regola, se non vi è speranza di emendamento, lo puoi denunziare subito, se dalla denuncia nascerà gran bene alla società, come fu di Anania e Saffira (Atti 5,1-11).

Insomma non mancano tanti altri casi, ma per tutti valgono le tre regole che ho detto».

Matteo da Agnone, Fasciculus Myrhrae, vol. II, 130–143, passim. Adattato in italiano moderno.
Il caso di Anania e Saffira (Atti 5,1-11)
Anania e sua moglie Saffira vendono un terreno, ma tengono per sé una parte del ricavato, facendo credere agli apostoli di aver consegnato tutto. Pietro, ispirato dallo Spirito Santo, li smaschera: prima Anania, poi Saffira. Entrambi muoiono all’istante, colpiti dal giudizio divino.

In relazione alla correzione fraterna:
Pietro non tace davanti al peccato. Lo corregge in modo diretto e pubblico, poiché il male minaccia l’intera comunità nascente.
Non è un semplice rimprovero: è una denuncia profetica, perché la menzogna non è solo verso gli uomini, ma verso lo Spirito Santo.

L’episodio mostra che, quando è in gioco la verità e la santità della Chiesa, correggere chi sbaglia non è solo un diritto, ma un dovere.

Conclusione:
Il caso di Anania e Saffira ci ricorda che la correzione fraterna è un atto di amore verso la verità e verso il fratello. Non intervenire, in certi casi, significa diventare complici del male. Ma, come sempre, va fatta con discernimento, carità e sotto la guida dello Spirito Santo.
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